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Il cratere di Chicxulub e la fine del cretaceo
9 Lug 2012

Il cratere di Chicxulub e la fine del cretaceo

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Nel 1980, Walter Alvarez, un geologo dell’Università della California, riuscì a spiegare gli elevati livelli di iridio presenti nei siti risalenti al cretaceo ricollegandoli all’impatto di enormi meteoriti con il suolo terrestre. Il cratere di Chicxulub nel Golfo del Messico rappresenta l’esempio più eclatante in tal senso.

Cratere di Chicxulub in Messico

Cratere di Chicxulub in Messico

Ostacolata con fermezza nel corso dei secoli passati, la teoria geologica del catastrofismo ha riguadagnato terreno nel corso della seconda metà del XX secolo grazie all’accumularsi di numerose prove a suo favore. È ormai lampante che tutte le grandi ere della storia della Terra sono terminate con lo sterminio totale di un gran numero di forme di vita. Tutti gli scienziati sono concordi nel ritenere che la storia del nostro pianeta è stata segnata numerose volte da catastrofi di immani proporzioni, spesso di carattere globale.

Per rendere l’idea basti ricordare le parole del prof. Derek Ager, docente di geologia all’Università di Bristol in Inghilterra: “La storia di una qualunque parte della Terra, al pari della vita di un soldato, consiste in lunghi periodi di noia intercalati da brevi periodi di panico“.

Viene da chiedersi quale sia stata la causa che ha determinato la catastrofe che pose fine al cretaceo e decretò la scomparsa dei dinosauri all’incirca 65 milioni di anni fa. Alla luce delle continue scoperte scientifiche la risposta è divenuta evidente oltre qualsiasi dubbio: alla fine del cretaceo la Terra subì gli effetti devastanti dello scontro con un asteroide.

La prima prova a sostegno di questa tesi arrivò nel 1980 da Walter Alvarez, un geologo dell’Università della California, che nei pressi di Gubbio scoprì livelli anomali di iridio negli strati di argilla risalenti alla fine del cretaceo. L’iridio è un metallo assai raro presente in basse concentrazioni sulla crosta terrestre ma in abbondanza su asteroidi, meteoriti e comete. Dopo la scoperta iniziale, alla fine del 1984 il numero di siti cretacei in cui venne riscontrato un alto livello di iridio ammontavano a ben sessantasei. Per confermare ulteriormente la teoria non restava che mettersi alla ricerca del cratere frutto dell’impatto tra l’asteroide e la Terra.

Ben presto l’interesse venne catalizzato verso un sito nella penisola dello Yucatàn nelle vicinanze del piccolo paesino di Chicxulub nel Golfo del Messico, dove era presente il più grande cratere da impatto mai scoperto sul nostro pianeta, dall’impressionante diametro di 180 Km. L’asteroide che l’aveva provocato doveva avere necessariamente un diametro compreso tra i 20 ed i 40 Km.

In seguito alla collisione, l’atmosfera terrestre si è ritrovata ricolma di milioni di tonnellate di detriti poi depositatisi nel corso del tempo sulla superficie del pianeta. A causa della potentissima onda d’urto tutto ciò che si trovava nei pressi del punto d’impatto deve essere andato distrutto e contemporaneamente le gigantesche nubi di polveri sollevate furono sufficienti per oscurare il Sole, dando inizio al fenomeno che i geologi chiamano “glaciazione”.

Che l’impatto di Chicxulub sia stato la sola causa della scomparsa dei dinosauri è ancora tutto da dimostrare. Di recente, a Manson nell’Iowa, è stato scoperto un altro cratere, seppure di dimensioni nettamente inferiori a quelle di Chicxulub risalente anch’esso alla fine del cretaceo. L’ipotesi che sta avanzando sempre più tra gli addetti ai lavori è che in quel periodo la Terra sia stata soggetta ad una serie di bombardamenti derivanti dalla collisione con diversi asteroidi, frammenti di un corpo celeste “madre” più grande come quello di una cometa.

L’impatto con il corpo celeste che causò l’estinzione dei dinosauri non fu certo unico nel suo genere. Sempre più spesso nuovi riscontri confermano che tutte le grandi estinzioni avvenute sulla Terra furono prodotte da cause esterne alla stessa. Quantità anomale di iridio sono state rilevate anche nei sedimenti relativi alla fine di altre ere geologiche ed ora giocano un ruolo sempre più centrale nella spiegazione che riguarda uno dei più grandi misteri geologici: le glaciazioni.

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