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La missione ermetica di Giordano Bruno
13 Gen 2017

La missione ermetica di Giordano Bruno

Post by Administrator

Giordano Bruno è stato senza dubbio uno dei massimi esponenti dell’ermetismo rinascimentale. A differenza di altri pensatori egli agognava un ritorno alle origini, una restaurazione dell’antica religione ermetica egiziana, oltre a definire una metodologia pratica che consentisse all’aspirante mago di utilizzare il potere cosmico.

Monumento a Giordano Bruno

Monumento a Giordano Bruno

Giordano Bruno nacque nel 1548 a Nola, piccolo centro in provincia di Napoli. All’età di quindici anni entrò in un monastero domenicano dove il suo temperamento estroverso, ribelle e per molti aspetti megalomane lo portò ben presto a scontrarsi con i superiori. Nel 1576 Bruno si spogliò dell’abito monacale e si dette alla macchia, mentre le autorità ecclesiastiche, che lo avevano ufficialmente bollato come eretico, gli davano la caccia. Per il resto della sua vita, Giordano Bruno fu in lotta con la Chiesa, sempre girovago, sempre polemico e provocatorio, sempre in fuga per non cadere nelle mani dell’Inquisizione.

A Ginevra si attirò ben presto anche l’ostilità del regime calvinista. Fu costretto a fuggire a Parigi, dove tenne pubbliche conferenze e nel 1582 dette alle stampe i suoi primi libri. In due delle sue opere si ispirò ad Agrippa e Paracelso e dichiarò di essere un mago altrettanto capace. Forse la sua magia aveva una portata psicologica superiore a quella dei suoi predecessori o forse egli divulgò apertamente quello che essi avevano preferito mantenere segreto e confidare solo a pochi iniziati. In ogni caso, Bruno adattò le tecniche classiche di addestramento mnemonico (praticate, per esempio, dagli antichi oratori romani) a fini strettamente ermetici. In effetti, egli tentò di delineare un programma di addestramento pratico in base al quale il mago poteva agire sulla propria mente trasformandola in un punto di convergenza dei poteri cosmici, rendere la propria psiche una sorta di campo di forze che attraeva le energie celesti e quindi le proiettava di nuovo all’esterno in forma concentrata.

La prospettiva di acquisire tali capacità consentì a Giordano Bruno di guadagnare il favore del re di Francia Enrico III, che come sua madre Caterina de’ Medici era da tempo affascinato dalla magia. Ma Bruno, per ragioni che restano oscure, era ansioso di arrivare in Inghilterra. Enrico gli concesse allora una lettera di presentazione per l’ambasciatore francese a Londra, dove giunse nel 1583 prendendo domicilio presso l’ambasciata che lo ospitò per tre anni.

A Londra pubblicò nel 1585 i suoi due libri più famosi e importanti, “La cena de le ceneri” e lo “Spaccio della bestia trionfante“, e fu proprio l’Inghilterra a riservargli un’accoglienza cordiale per non dire entusiastica. È noto che visitò Oxford, dove tenne conferenze seguite con ammirazione fanatica e a cui parteciparono molti nomi illustri dell’epoca. Non esiste nessuna prova che Bruno abbia conosciuto John Dee di persona, ma è noto che sir Philip Sidney, dopo aver assistito a un suo dibattito pubblico, si recò immediatamente da Dee a Mortlake, presumibilmente per informarlo e fargli un resoconto. Durante quel dibattito Bruno aveva esposto e difeso la teoria di Copernico secondo la quale era la Terra a girare intorno al Sole. È difficile immaginare cosa pensasse Dee di Bruno. Resta il fatto che Bruno era più radicale e possedeva una carica potenzialmente sovversiva. Secondo Frances Yates: “Bruno ha ripreso l’uso di Ficino del talismano con estrema determinazione e senza le sue remore cristiane, poiché egli crede nell’ermetismo egiziano più che nel cristianesimo. Con il suo rifiuto del cristianesimo e il suo entusiasmo per l’ermetismo egiziano, Bruno torna a una negromanzia più oscura, di tipo medioevale“.

Più di ogni altro mago rinascimentale, Bruno si comportava come un uomo che aveva da compiere una missione che Frances Yates definisce “religiosa, ermetica, una missione in cui la magia di Ficino si spinge fino al progetto di un ritorno alla religione magica“. Se si guarda da vicino all’opera di Bruno si comprende che egli aveva in mente due obiettivi diversi ma che in un certo senso si sovrapponevano, ambedue accentuatamente rivoluzionari. In primo luogo voleva elaborare una metodologia pratica e concreta, grazie alla quale un aspirante mago potesse trasformare la propria mente in ricettacolo e fonte di potere cosmico. In secondo luogo, tendeva a stabilire nientemeno che una nuova religione universale, o per meglio dire a ristabilire l’antica religione, il sincretismo ermetico di Alessandria in forma rinnovata.

Come sottolinea Frances Yates, Bruno “fa tornare la magia rinascimentale alla sua fonte pagana“, rifiuta i devoti tentativi di Ficino e di Pico della Mirandola di cristianizzare l’ermetismo o di trovare un terreno comune. Al contrario, egli condanna il cristianesimo, lamentandone l’allontanamento dalle divinità classiche e dalla magia dell’antico Egitto. Parlando del corpus ermetico, Bruno esalta il culto della divinità presente in tutte le cose. Seguendo la tradizione ermetica, insiste sull’idea di un tutto unico che tutto comprende e in cui tutto è collegato. Bruno afferma che “una sola e unica divinità che è tutte le cose splende in diversi soggetti e prende nomi diversi” e profetizza l’avvento di una nuova era di riforma, che verrà determinata “manipolando le immagini celestiali dalle quali tutte le cose inferiori dipendono“. In breve, la concezione di Bruno decreta la creazione di un nuovo ordine mondiale attraverso l’uso magico delle corrispondenze ermetiche fra microcosmo e macrocosmo. Portando a compimento questa nuova realtà, l’uomo (l’uomo mago) diventa in realtà Dio.

Cornelius Agrippa

Cornelius Agrippa

Come nel caso di Agrippa, si pensa che nei suoi viaggi Bruno abbia fondato una rete di società segrete. Fu anche accusato dall’Inquisizione di voler fondare una nuova setta. Negli scritti dei Rosacroce, Frances Yates vede l’influenza di Giordano Bruno, oltre a quella di Dee. La stessa opinione esprime in riferimento alla massoneria: “Verso la fine del XVI secolo gli uomini cercavano nell’ermetismo religioso il modo di rendere più tolleranti o unite le sette in guerra fra loro. Esistevano vari tipi di ermetismo, cristiano, cattolico e protestante, la maggior parte dei quali rifuggiva dalla magia. Poi arriva Giordano Bruno che prende a fondamento del proprio pensiero l’ermetismo egiziano; predica una specie di controriforma egiziana; profetizza il ritorno alle dottrine e alla cultura dell’antico Egitto, in cui le difficoltà religiose sarebbero scomparse trovando nuove soluzioni; predica una riforma morale, soprattutto in campo sociale, e un’etica del servizio sociale. Dove esiste una tale combinazione di tolleranza religiosa, legame emotivo con il passato medioevale, enfasi sulle buone azioni verso gli altri e un attaccamento alla religione e al simbolismo dell’antico Egitto? L’unica risposta che mi viene in mente è: nella massoneria. La massoneria non compare in Inghilterra prima dell’inizio del XVII secolo, ma ebbe sicuramente precursori, antecedenti e tradizioni che risalivano al passato. È difficile squarciare il mistero, ma non possiamo fare a meno di chiederci se non fu tra coloro che provavano un disagio spirituale e che colsero nel “messaggio egizio” di Giordano Bruno uno spiraglio di speranza“.

La natura messianica della missione ermetica di Giordano Bruno non gli impedì di dedicarsi, come avveniva per Dee, a questioni più terrene. È noto che, fra il 1583 e il 1586, sir Francis Walsingham, amico di Dee e capo del servizio segreto di Elisabetta, aveva ricevuto informazioni dettagliate da un agente segreto che operava all’interno dell’ambasciata francese. I rapporti riguardavano le fazioni cattoliche in Inghilterra e in Scozia (per esempio quelle legate a Maria, regina di Scozia, e a suo figlio Giacomo VI) e i loro collegamenti con la famiglia cattolica dei conti di Guisa in Francia. È anche noto che l’autore dei rapporti era un italiano, un religioso o ex religioso, implacabilmente ostile alla Spagna e alla Chiesa. Si conservano ancora molte lettere scritte da tale agente che attestano i suoi contatti con Elisabetta e la sua lealtà verso il trono inglese. In un libro pubblicato nel 1991, il professor John Bossy dell’Università di York ha identificato in Giordano Bruno, con prove convincenti, la spia che agiva all’interno dell’Ambasciata francese.

Per tutta la vita, Bruno dimostrò un’impulsività e un’audacia che rasentavano la temerarietà. Si ha a volte l’impressione che la convinzione di svolgere un compito messianico lo portasse a credere di essere invulnerabile e ciò provocherà la sua rovina. Nel 1586, l’anno in cui terminano i rapporti dall’interno dell’Ambasciata francese, Bruno fece ritorno a Parigi, da dove poi si allontanò per iniziare una serie di vagabondaggi attraverso varie città tedesche. Per sei mesi, nel 1588, soggiornò a Praga, ma non ci sono testimonianze di un suo incontro con John Dee che in quello stesso periodo si trovava in Boemia. È certo, tuttavia, che conobbe l’imperatore Rodolfo II. Nel 1591 Bruno prese la decisione sconsiderata di tornare in Italia. L’anno seguente fu catturato dall’Inquisizione a Venezia e condotto a Roma, dove per otto anni fu interrogato e sottoposto a tortura. Nel 1600 rifiutò di abiurare e ripudiare i propri scritti e fu messo al rogo come eretico.

Diversamente da altri maghi rinascimentali, Giordano Bruno ha anche un posto, seppure relativamente modesto, come letterato, poeta e drammaturgo. Le sue opere letterarie, in latino e in italiano, meritano una certa considerazione sul piano artistico, ma qualunque ne sia il pregio, viene eclissato dagli aspetti straordinariamente visionari dei trattati esoterici. Tuttavia, a causa del loro carattere strettamente individuale, spesso confuso, i trattati di Giordano Bruno non hanno mai avuto la stessa diffusione del De Occulta Philosophia di Agrippa o di alcuni testi di Paracelso. Il carattere spettacolare della sua ribellione, la sua ricerca faustiana, la sua sfida e la sua ostilità intransigente verso Roma, sono tutti aspetti che hanno contribuito a fare di lui l’incarnazione dei valori rinascimentali: libertà di pensiero e di immaginazione, audacia intellettuale e intensità mistica. La sua morte, che ha fatto di lui un martire di quei valori, è un atto di accusa contro la tirannia ecclesiastica che disonora la Chiesa ancora oggi.

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