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È possibile abbandonare il proprio corpo?
10 Lug 2017

È possibile abbandonare il proprio corpo?

Post by Administrator

Fin dall’antichità esiste la credenza che l’io cosciente o anima possa abbandonare il proprio corpo fisico per un determinato lasso di tempo per poi rientrarvi. Numerosi studi condotti nel corso del XX secolo hanno dimostrato tale capacità riuscendo a fornire prove inconfutabili che è possibile dissociarsi in maniera volontaria dal proprio corpo.

Robert Monroe

Robert Monroe

Numerosi studi e ricerche nel campo della parapsicologia suffragano l’ipotesi che l’io cosciente può abbandonare il proprio corpo e vederlo dall’esterno. Il soggetto può essere clinicamente morto, ma ricordare poi avvenimenti accaduti in quel frattempo.

L’esperienza extracorporea accompagna spesso lo stato di premorte, ma può verificarsi anche nel caso di persone sane.

Studi antropologici indicano che, su 54 culture esaminate, 51 credono nell’esperienza extracorporea, mentre oscilla dal 10 al 25 per cento l’incidenza delle persone di varie popolazioni che hanno vissuto tale esperienza, caratterizzata da una sensazione netta di distanza dal corpo, di elevata consapevolezza e di estensione del potere di percezione.

Gli studiosi hanno ovviamente cercato delle prove. Fra il 1965 e il 1966, il dottor Charles Tart dell’Università della Virginia sottopose a test l’uomo d’affari Robert Monroe, al quale fu chiesto di abbandonare il proprio corpo fisico e proiettare il proprio essere non fisico da una stanza ad un’altra per poi riferire ciò che aveva visto. Nel corso di otto sedute, l’esperimento diede risultati positivi per ben due volte. Negli anni intorno al 1970, il dottor Karlis Osis della American Society for Psychical Research effettuò alcuni test su un pittore che si diceva esperto in questo campo, Ingo Swann, il quale riuscì diverse volte a descrivere oggetti fuori dalla portata della sua vista fisica.

Robert Morris della Fondazione per la Ricerca Parapsichica eseguì nel 1973 degli esperimenti interessanti con il ricercatore Stuart Blue Harary, il quale cercò di far avvertire la propria presenza extracorporea al suo gatto, mentre egli si trovava in un altro edificio, collegato a vari dispositivi di misurazione. I dati fisiologici rilevati indicarono delle differenze durante il suo stato di esperienza extracorporea, mentre contemporaneamente dei cambiamenti nel comportamento del gatto facevano pensare che l’animale avvertisse qualcosa di insolito.

Il concetto di esperienza extracorporea è da lungo tempo associato a personaggi come il santone o lo yogi, ma anche scrittori del XX secolo hanno rivendicato esperienze di questo tipo. In un testo del 1929, un americano di nome Sylvan Muldoon fornì una testimonianza delle sue esperienze extracorporee fin dall’età di 12 anni. Gli scettici obiettano che si tratterebbe di ricostruzioni di ricordi, di allucinazioni o di sogni particolarmente lucidi. Queste obiezioni non spiegano però la capacità di certi soggetti di riferire eventi accaduti mentre essi erano chiaramente in stato di incoscienza.

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