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Dove si nasconde la vera Gioconda?
24 Gen 2017

Dove si nasconde la vera Gioconda?

Post by Administrator

Le supposizioni sulla vera identità della Gioconda continuano a far discutere critici d’arte e semplici appassionati. In base alle dichiarazioni di un noto conoscitore d’arte inglese, il volto che ammiriamo nella celebre tela di Leonardo da Vinci non sarebbe quello della Monna Lisa ma un ritratto della giovane Costanza d’Avalos.

La vera Monna Lisa

La vera Monna Lisa

Il viso della gioconda sorride misteriosamente non solo nel Museo del Louvre di Parigi, ma anche in un appartamento di Londra. Non si tratta di una riproduzione, asserisce il suo proprietario, Henry Pulitzer, ma di un’altra versione, eseguita anch’essa da Leonardo da Vinci e dai suoi allievi. Mentre ci sono più di sessanta pretese Gioconde sparse per il mondo, il dottor Pulitzer, inventore, scienziato e conoscitore d’arte, è certo dell’autenticità del suo quadro.

Leonardo, fa notare Pulitzer, faceva abitualmente due o più versioni dei suoi dipinti. L’originale modella fu Monna Lisa del Giocondo, moglie di un patrizio fiorentino. Leonardo impiegò quattro anni ad eseguire il ritratto e infine lo consegnò al suo committente. In seguito, prima di emigrare in Francia, alla corte di Francesco I, Giuliano de’ Medici, il figlio del Magnifico, gli chiese di eseguire il ritratto della sua amante, Costanza d’Avalos. Per combinazione, Costanza non solo somigliava abbastanza a Monna Lisa, ma era pure soprannominata “la Gioconda“. Leonardo utilizzò con lievi modifiche la seconda versione del ritratto della moglie di Giocondo, e il viso, questa volta, fu quello di Costanza. Non appena ebbe ultimato il lavoro, il giovane Medici abbandonò l’amante e decise di sposarsi. Per tal motivo non comperò più il quadro, che rimase al pittore. Fu questo secondo ritratto, secondo Pulitzer, che Leonardo portò con sé in Francia, insieme ad altre sue opere non vendute.

Quanto all’altro ritratto, quello di Monna Lisa del Giocondo, di diciannove anni più giovane della d’Avalos, esso rimase nella famiglia fiorentina, finché prese la via dell’Inghilterra e fu comperato, all’inizio del XX secolo da William Blaker, un intenditore d’arte che era anche il curatore del Museo Holburne of Menstrie di Bath. Più recentemente, fu riacquistato da un comitato svizzero di cui Pulitzer era membro.

Il dipinto di Londra è stato esaminato con procedimenti modernissimi, e Pulitzer asserisce che le impronte digitali sulla tela coincidono con quelle rilevate su altre opere autentiche del grande Leonardo. Una seconda prova a sostegno dell’autenticità del dipinto è costituita da uno schizzo di Raffaello, eseguito mentre Leonardo stava ancora lavorando al ritratto nel suo studio. Lo schizzo raffaellesco mostra alcuni elementi, fra cui due colonne nello sfondo, che si trovano sul ritratto di Londra ma non nella versione del Louvre. Infine, la ragazza del dipinto londinese appare notevolmente più giovane di quella di Parigi. L’aspra contesa, lungi dall’estinguersi, è alimentata da nuovi collezionisti, i quali, sostenuti da critici autorevoli, affermano di possedere la “vera Gioconda”.

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