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Erich von Däniken e la teoria degli antichi astronauti
5 Giu 2019

Erich von Däniken e la teoria degli antichi astronauti

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Erich von Däniken è uno scrittore di origine svizzera famoso per aver scritto numerosi best-seller riguardanti l’archeologia misteriosa. Nei suoi testi, più volte ha sostenuto la teoria degli “antichi astronauti” per spiegare l’improvviso aumento delle conoscenze e delle capacità tecnologiche delle prime civiltà come i Sumeri ed i Babilonesi. 

Erich von Däniken e la Teoria degli Antichi Astronauti

Erich von Däniken

Come poterono le tribù semiselvagge della zona del Tigri e dell’Eufrate dare improvvisamente vita a una cultura tanto ricca e avanzata come quella dei Sumeri che conoscevano l’astronomia, la matematica e la scrittura? In quale modo l’antica popolazione del Nilo acquisì le conoscenze necessarie per costruire la colossale piramide di Cheope? Come possono aver livellato il terreno roccioso sottostante e trasportato gli enormi blocchi di pietra, dal momento che non possedevano né ruote, né legname, né corde?

Per Erich von Däniken, questi interrogativi pongono una sconcertante (anche se fondamentalmente improbabile) ipotesi: che “intelligenze sconosciute” siano venute in aiuto dei nostri antenati. La teoria di von Däniken, essenzialmente, suggerisce che in un determinato momento, tra 10.000 e 40.000 anni fa, siano giunti sulla Terra degli astronauti super intelligenti che fecero amicizia con gli uomini primitivi e produssero l’Homo sapiens. In seguito, continua von Däniken, gli astronauti ritornarono, forse varie volte, per accelerare i progressi dell’uomo rivelandogli gli elementi della lavorazione dei metalli, dell’agricoltura e della scrittura.

A sostegno della propria tesi, von Däniken fa notare che la mitologia di quasi tutte le culture parla di dei alati e di congegni di volo che potrebbero rappresentare, nel linguaggio dei primitivi, i viaggiatori dello spazio. Anche strane coincidenze nell’architettura, secondo von Däniken, potrebbero indicare la presenza di antichi visitatori. L’altezza della piramide di Cheope, per esempio, moltiplicata per 1.000 milioni, corrisponde grosso modo alla distanza tra la Terra e il Sole.

L’interpretazione che von Däniken dà della miriade di questi particolari, reali o no, è in un certo senso unica, ma non particolarmente convincente. Purtroppo è unica anche per la controversia che ha suscitato soprattutto in ambienti scientifici. La popolarità dei suoi libri (ne sono state vendute oltre 40 milioni di copie) ha sorpreso e sconcertato archeologi, storici, teologi e altri studiosi che, come von Däniken, stanno studiando la possibilità che esista la vita al di fuori della Terra.

Due insegnanti australiani, per esempio, hanno chiesto a un gruppo di universitari di esaminare i libri di Erich von Däniken e di mettere per iscritto le loro conclusioni. Ne risultarono 17 brevi relazioni che rilevarono centinaia di errori nei fatti presentati da von Däniken. Un professore di archeologia specialista del Medio Oriente fece notare che la cultura sumera non era apparsa all’improvviso, come una cosa che nasce dall’oggi al domani, ma si era sviluppata in un arco di 6.000 anni, dal 9000 al 3000 a.C., e che le tecniche impiegate per la costruzione delle piramidi ci sono ben note. Chiatte, corde, legname e piani inclinati erano già in uso a quell’epoca e sono documentati sia dalle immagini sia dai reperti archeologici. Inoltre, gli Egizi si servivano probabilmente delle loro conoscenze nel campo dell’irrigazione per inondare e livellare le aree di base delle piramidi trivellando fori fino a una data profondità dalla superficie dell’acqua. In quanto all’altezza della piramide di Cheope, se la si moltiplica per 1.000 milioni, non si ottiene una distanza uguale a quella che ci separa dal Sole.

Ma se gli uomini di scienza possono essere infastiditi dagli “errori”, dalle false interpretazioni e dalle inesattezze di von Däniken, quello che più li esaspera è il ragionamento, o la mancanza di ragionamento, che consente all’autore di imbastire teorie basate su “false premesse”, “luoghi comuni” e “questioni retoriche”. Carl Sagan, uno dei molti scienziati che si sono interessati alla possibilità di una vita extraterrestre, ha tacciato von Däniken di “campanilismo temporale”.

Dell’ipotesi di von Däniken secondo la quale i chilometri di linee rette nella pianura di Nazca, in Perù, potrebbero essere le tracce di un antico aeroporto, Sagan dice: “La grande astronave scende al suolo. La grande stiva si apre e che cosa ne viene fuori? Dei B24, degli Spitfire? Sarebbe stato davvero straordinario che avessero bisogno di campi di atterraggio“. Le stesse critiche hanno accompagnato la sua interpretazione di disegni e di sculture primitive. Dicono i suoi detrattori: “È possibile che i viaggiatori dello spazio avessero l’aspetto degli astronauti della nostra epoca, cioè di uomini che hanno a malapena raggiunto la Luna? Della teoria di von Däniken nel suo insieme, Ronald Story autore di trattati sull’argomento, dice che qualsiasi essere i cui geni fossero in grado di mescolarsi con quelli degli uomini della protostoria doveva già essere della stessa specie o di una specie molto simile“.

Ma se le teorie di Erich von Däniken sono così poco attendibili, perché sono tanto popolari? Forse perché, nonostante le loro lacune, nonostante la fragilità delle loro basi, esse trattano problemi fondamentali: i misteri dello sviluppo umano, l’esistenza della vita nello spazio, e suscitano sempre un grande interesse. Purtroppo sembra che le sue considerazioni non facciano progredire l’eterna ricerca di una spiegazione dell’ignoto.

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