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Yeti: l’abominevole uomo delle nevi
30 Gen 2019

Yeti: l’abominevole uomo delle nevi

Post by Administrator

La leggenda che narra dell’esistenza di creature alte quasi tre metri, tutte ricoperte di peli e simili a grandi scimmie sembra essere universale. È possibile riscontrare tracce e testimonianze dell’esistenza degli Yeti in tutto il mondo: dalle regioni himalayane alle Montagne Rocciose, dal deserto del Gobi all’Africa centrale.

Yeti - Bigfoot

Yeti

In tutte le zone montuose del mondo c’è una leggenda che parla di una strana creatura umanoide, dalla goffa andatura, che lascia sul terreno o sulla neve orme enormi. Troppo grandi per essere di origine umana. In molte comunità isolate come quelle delle regioni dell’Himalaya, si vive addirittura nella costante paura di questo mostro, che viene chiamato con vari nomi, ma che tutti conoscono col nome popolare di “Abominevole Uomo delle Nevi” o “Yeti”.

Ma qualunque sia il nome, la descrizione che ne viene fatta è all’incirca sempre la stessa: altezza oltre i tre metri e mezzo; peso sui 150 chilogrammi; aspetto di scimmione peloso, che cammina ritto sulle zampe posteriori.

In una forma o nell’altra gli Yeti hanno cominciato ad essere avvistati fin dal Quattrocento ma è solo nell’Ottocento che se ne comincia a trovare segnalazioni scritte. Nel 1832, il primo residente britannico del Nepal, B. H. Hodson, fornì la descrizione di una creatura mai conosciuta prima di allora, la quale “si spostava in posizione eretta, ma era ricoperta di pelame nero e lungo, anche se non aveva coda“. Nel 1899, il maggiore inglese L. A. Waddel riferì di aver scoperto enormi impronte di piedi nelle nevi del Sikkim. Ma fu solo nel 1951 che gli scalatori inglesi Eric Shipton e Michael Ward scattarono una serie di fotografie di impronte umanoidi lunghe più di trenta centimetri e larghe venti, nelle nevi della catena himalayana di Gauri Sankar.

Shipton affermò che le impronte erano troppo grandi per essere quelle di un orso e troppo recenti per essere state dilatate dal disgelo. “Quello che mi fece accapponare la pelle” aggiunse l’inglese, “fu che nei pressi di ogni punto in cui ci era toccato di saltare dei crepacci, si poteva scorgere benissimo che la creatura aveva puntato i piedi per fare lo stesso“.

La caccia allo Yeti diventò uno sport popolare. Gli sherpa erano felici di raccontare storie su quelle gigantesche creature dei loro monti, e in molti monasteri himalayani cominciarono a saltare fuori ossa, pelli e scalpi attribuiti agli yeti. Uno scalpo di forma conica rinvenuto in un villaggio del Nepal venne esposto con aria trionfante in tutto l’Occidente; ma le analisi dimostrarono che si trattava di una capra nepalese o qualcosa di simile.

Nessuno riuscì mai a catturare uno yeti, ma gli indizi continuavano ad accumularsi anno dopo anno. Già nel 1948 un cercatore svedese di Uranio, Jan Frostis, aveva sostenuto di essere stato attaccato e gravemente ferito ad una spalla da due yeti che aveva incontrato presso Zemu Gap nel Sikkim.

Thomas Slick, un petroliere texano che nel 1957 decise di sponsorizzare una battuta di caccia allo yeti, venne avvisato dagli abitanti di alcuni villaggi del Nepal che gli yeti avevano massacrato almeno cinque persone nei quattro anni precedenti.

Una spedizione organizzata sotto gli auspici del quotidiano londinese Daily Mail trovò impronte ed escrementi che, sottoposti ad analisi, risultarono prodotti da una creatura che, come l’uomo, seguiva una dieta mista e mangiava sia carne sia vegetali.

Secondo una teoria, gli yeti potrebbero essere gli ultimi discendenti del Gigantopithecus, una specie di scimmia gigante i cui resti vennero ritrovati dal paleontologo olandese Ralph von Koenigswald. Negli anni ’30 von Koenigswald trovò in diverse località dell’Asia dei denti che potrebbero essere stati di una scimmia alta dai tre ai quattro metri.

Gli scettici hanno fatto osservare che quel genere di indizi, e in particolare i denti, potrebbero essere attribuiti anche a semplici orsi, o a scimmie del genere entello, volpi himalayane, lupi grigi, etc. Altri hanno insinuato che gli yeti siano addirittura delle allucinazioni dovute alla mancanza di ossigeno alle grandi altitudini.

Ma non è stato possibile respingere tutte le prove in maniera completa; nessuno, per esempio, è stato capace di spiegare gli avvistamenti di creature analoghe nelle regioni nord-occidentali degli Stati Uniti. Gli avvistamenti segnalati dalla stampa e dalla radio canadese sono diverse centinaia. Nel 1973 un editore canadese offrì 100.000 dollari di premio a chi fosse riuscito a catturare vivo uno di questi mostri, che in Canada vengono chiamati sasqaotch.

Nel 1967 un coltivatore di Yakima, Washington, di nome Roger Patterson, girò una decina di metri di pellicola 16mm inquadrando una creatura alta e pelosa, che attraversava una vallata a circa 120 metri di distanza, nei pressi di Eureka, in California. Ne venne fuori una breve sequenza un po’ sfocata di una femmina con le mammelle pendule, che camminava a grandi passi, agitava le braccia e si voltava fuggevolmente a guardare la cinepresa prima di scomparire tra gli alberi.

Numerosi avvistamenti di Yeti sono arrivati da Murphysboro, un piccolo centro abitato sulle rive del Big Muddy River, dove si sono susseguite diverse segnalazioni di un’enorme bestia di aspetto scimmiesco.

A mezzanotte del 25 giugno 1973, una coppietta che parlava in un’automobile parcheggiata lungo la strada udì delle strane urla provenire da un boschetto vicino. Improvvisamente, i due videro avanzare verso l’auto un’ombra alta due metri e mezzo, ricoperta di pelame chiaro tutta impiastrata di fango. I due fecero marcia indietro e corsero ad avvisare la polizia.

Seguirono diverse altre segnalazioni di avvistamenti di quello che divenne presto famoso come il Mostro di Fango di Murphysboro: i due ragazzi sostenevano che puzzava in modo nauseabondo di fango di fiume. Il capo della polizia, Toby Berger, ordinò una battuta in tutta la zona, ma tutto quel che si trovò, fu una pista di erba calpestata, alberi spezzati e tracce di fango nero.

Tony Stevens, direttore di The Southern Illinoisian, dichiarò: “Non può trattarsi di uno scherzo. Questo è un paese di cacciatori, e chiunque se ne vada in giro travestito da animale rischia di vedersi sparare addosso“.

Così, il mistero rimane insoluto, dall’Himalaya alle Montagne Rocciose, dal Deserto del Gobi all’Illinois meridionale. Segnalazioni di esseri dall’apparenza scimmiesca sono pervenute anche da diverse zone dell’Africa e dell’America del Sud. L’unico aspetto certo di tutta questa storia è che la figura dello Yeti sembra essere universale.

Harlan Sorkin, un esperto in folclore yeti, originario di St. Louis, Missouri, crede che la creatura tante volte segnalata sia il risultato di una deviazione genetica intervenuta in una famiglia di grandi scimmie. E ha fatto giustamente notare: “Il gorilla è stato scoperto solo nei primi anni dell’Ottocento. Riuscite ad immaginare che cosa pensò chi lo vide per la prima volta?“.

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