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Carl Gustav Jung e la teoria della sincronicità
4 Giu 2019

Carl Gustav Jung e la teoria della sincronicità

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Insieme con Sigmund Freud, Carl Gustav Jung è ritenuto uno dei padri fondatori della moderna psichiatria. Per tutta la vita coltivò un profondo interesse verso i fenomeni paranormali e le manifestazioni inspiegabili della mente umana. Jung coniò il cosiddetto principio di sincronicità mediante il quale sperava di chiarire l’intimo rapporto tra il pensiero e la corrispondente manifestazione fisica.

Carl Gustav Jung

Carl Gustav Jung

L’aspetto strano delle tecniche di predizione fondate sui segni, di qualunque tipo esse siano, è che non sembra esservi relazione tra i segni stessi e ciò che significano. Nella disposizione dei pianeti o nell’aspetto di un fegato di montone, nella direzione del volo degli uccelli o nella disposizione delle foglie di tè sul fondo della tazza, in breve, in nessuno di questi modi tradizionali di predizione esiste un nesso logico con la guerra o la morte, con la fortuna in amore o il denaro, o con l’avverarsi di qualsiasi avvenimento futuro. Eppure sono tuttora ritenuti utili strumenti per predire.

Carl Gustav Jung (psicologo svizzero che, insieme a Sigmund Freud, fondò la psichiatria moderna) era convinto che tali metodi dessero dei risultati significativi. Il suo lavoro lo aveva messo a contatto con le zone più recondite della psiche umana, e sapeva bene che la vita di molte persone è punteggiata di coincidenze e di predizioni o premonizioni avveratesi.

Jung si era convinto che qualche processo di collegamento, diverso dalla casualità ma ad essa complementare, sia operante nell’universo, e che la sua manifestazione dipenda da una collaborazione tra la psiche umana e il mondo esterno. Egli nominò questo principio “sincronicità” e trascorse l’ultima parte della sua vita nel tentativo di spiegarne il meccanismo.

Era ben consapevole della difficoltà di descrivere un processo non causale a un pubblico condizionato da una visione esclusivamente causale del mondo. Il suo saggio sistematico sull’argomento, intitolato “La sincronicità“, pubblicato nel 1952, è stato un tentativo eroico di evitare di dare l’impressione che gli agenti della sincronicità siano degli agenti causali.

Nell’ottica di Jung, gli agenti della sincronicità vanno ricercati in ciò che egli chiama gli archetipi della psiche umana. Un archetipo appare alla mente cosciente come un particolare tipo di simbolo. L’archetipo non è concepito dalla mente cosciente, ma sorge dentro di essa, con tutta la sua potenza, da ciò che Jung chiama “l’inconscio collettivo”: un serbatoio di immagini primordiali condiviso da tutta l’umanità. Così come tutti gli uomini hanno alcuni tratti genetici in comune, essi condividono, secondo Jung, un patrimonio di materiale psicologico che giunge alla coscienza soltanto durante il sogno o il dormiveglia.

Alcuni esempi delle figure archetipe ricorrenti negli stessi sogni di Jung, in quelli dei suoi pazienti, nelle leggende e nei miti di ogni paese sono quelli del vecchio saggio (uomo o donna), della Grande Madre, del figlio meraviglioso, del maestro dell’inganno, dell’albero e del mandala (schema grafico che simbolizza l’universo). Come i geni rappresentano l’ordine (i geni sono delle sequenze ordinate di porzioni di DNA disposte a loro volta in cromosomi secondo un ordine prestabilito) e creano modelli ordinati di crescita, così gli archetipi rappresentano l’ordine a livello psicologico, e la loro presenza consente la formazione di una strutturazione parallela.

A questo punto, la difficoltà era di spiegare come l’archetipo, in virtù della propria articolazione, possa creare un ordine in modo non causale. Con un esempio nel campo della medicina, possiamo proporre un modello analogo a tale processo. La penicillina è utile nei casi di infezione batterica, perché le molecole di penicillina assomigliano, pur non essendo identiche, alle molecole della parete cellulare del batterio. Quando un batterio viene “illuso” da questa “somiglianza” al punto di incorporare una molecola di penicillina nella sua parete cellulare, la parete stessa ne viene indebolita (perché la compatibilità non è totale) e alla fine si rompe, uccidendo il batterio. La molecola di penicillina è stata utile, ma non attivamente: in presenza della molecola di penicillina, il batterio ha sviluppato uno schema molecolare difettoso che gli è stato fatale. Quindi, il ruolo della penicillina è contingente, ma non causale. In modo analogo, un archetipo funge da catalizzatore psichico, in presenza del quale le esperienze interiori ordinate si scoprono, spesso anche in un modo che si riversa nel mondo fisico.

Come può avvenire tutto ciò? Un altro esempio biologico potrà venirci in aiuto. È stato stabilito che alcuni uccelli migratori sono guidati dalle stelle. Il senso innato del tempo che hanno tali volatili e la loro immagine mentale delle stelle possono essere considerati come il livello psichico. Le stelle rappresentano invece il livello fisico. Quando i due livelli si sovrappongono per mettere gli uccelli nella giusta direzione al momento giusto, abbiamo la prova del catalizzatore psichico, e cioè dell’archetipo. E anche qui, gli archetipi (l’orologio genetico interno e l’immagine mentale) sono contingenti, non causali. Quindi, in modo analogo, molti esseri umani, agendo in forza di modelli psicologici ereditati, si ritrovano entro particolari connessioni tra il mondo interiore e quello esterno.

Jung era perfettamente consapevole che la sua teoria  della sincronicità era solo un tentativo di approccio, per comprendere qualcosa che era molto difficile da formulare. Il principale interrogativo che lasciava senza risposta era infatti questo: qual è la natura reale ed esatta della sincronicità tra la sfera psichica e quella fisica?

Per Jung, tale relazione era l’equivalente psicologico delle equazioni matematiche del fisico, e si rese conto che senza un sufficiente supporto fisico-matematico la sua teoria risultava incompleta e dunque inadeguata in parte a spiegare “la relativa o parziale identità della psiche con il continuum fisico“. La teoria della “sincronicità”, da allora, non è stata confermata, ma non è stato neppure dimostrato che fosse errata.

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