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L’enigma delle mummie cocainomani
14 Lug 2012

L’enigma delle mummie cocainomani

Post by Administrator

Il mistero delle mummie cocainomani salì alla ribalta della cronaca negli anni ’90 del secolo scorso. La presenza di tracce di nicotina e cocaina nei resti di mummie egizie sconcertò la comunità scientifica dal momento che tali sostanze si diffusero nel vecchio mondo solo parecchi secoli dopo.

Sarcofago della regina Henuttawy - Mistero delle mummie cocainomani

Sarcofago della regina Henuttawy

Il mistero delle “mummie cocainomani” ebbe origine nel 1992, quando alcuni conservatori del Museo di Monaco decisero di sottoporre a test scientifici una mummia egiziana della collezione, quella della regina Henuttawy, dell’età approssimativa di tremila anni. Ai fini della ricerca, i funzionari si rivolsero alla dott.ssa Svetla Balabanova, tossicologa dell’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Ulm, specializzata nell’identificazione di tracce di stupefacenti nei capelli dei cadaveri di tossicodipendenti. In quel periodo la Balabanova stava conducendo studi sulle mummie peruviane precolombiane nella speranza di documentare l’uso della cocaina fin dal 2500 a.C.

La Balabanova non nutriva alcuna speranza che la mummia di Henuttawy portasse a grandi scoperte. Ma, con grande stupore di tutti gli interessati, dopo un attento esame dei capelli della regina, la tossicologa rilevò la presenza di nicotina e di cocaina.

La nicotina, sotto forma di tabacco, si diffuse nel “vecchio mondo” solo in seguito ai viaggi del famoso comandante inglese Sir Walter Raleigh, che introdusse l’uso del fumo. Analogamente per la cocaina che divenne una droga popolare solo nel tardo XIX secolo.

L’esame di altre mummie egizie del Museo di Monaco produsse gli stessi risultati. La Balabanova restò turbata dai risultati delle analisi, in un documentario televisivo del 1996, dichiarò: “I primi risultati positivi furono per me uno shock. Non mi sarei mai aspettata di trovare nicotina e cocaina, ma così accadde. Ero assolutamente certa di essere in errore“.

Animata da una simile scoperta, la Balabanova radunò una squadra di esperti in medicina legale con cui eseguì ulteriori test su mummie sia egizie sia peruviane, nonché su scheletri rinvenuti in Sudan e nella Germania meridionale. Ad infittire il mistero, anche questi campioni presentavano tracce di stupefacenti. Alla fine del 1992 gli studiosi avevano esaminato undici mummie egizie, trovando nicotina in ognuna di esse, cocaina in otto ed hashish in dieci; delle circa settantadue mummie peruviane, almeno ventisei presentavano tracce di nicotina, sedici di cocaina, venti di hashish. Nei due scheletri sudanesi venne riscontrata nicotina, mentre cocaina ed hashish erano assenti; infine, otto dei dieci scheletri tedeschi contenevano tracce di nicotina, ma in nessuno di essi venne identificata la presenza di cocaina o di hashish.

Il mistero delle mummie cocainomani scatenò violente polemiche: gli egittologi negarono l’ipotesi di un commercio transatlantico di stupefacenti prima del 1000 a.C., circostanza che avrebbe cambiato completamente il quadro del mondo antico. La scienziata, tuttavia, forte della sua esperienza nel campo, continuò ad affermare che i risultati del suo lavoro fossero assolutamente affidabili. La tossicologa e la sua équipe rimasero saldi sulle loro posizioni, senza avanzare alcuna ipotesi sul commercio di stupefacenti nell’antichità, presentando semplicemente i risultati dei loro studi come un mistero da risolvere.

L’enigma delle mummie cocainomani iniziò a disvelarsi in seguito alla pubblicazione di un articolo del 1997, in cui vennero pubblicati i risultati di ulteriori test condotti successivamente. Se paragonati a quelli dei fumatori moderni, i livelli di nicotina negli egizi mummificati erano significativamente alti, superando quelli riscontrati in corpi mummificatisi naturalmente nel clima secco dell’Egitto. La conclusione più probabile, suggerirono la Balabanova e colleghi, è che, durante la procedura di mummificazione, ai cadaveri venisse applicata una sostanza ricca di nicotina. Nel corso dell’autopsia della mummia di Ramsete II (che morì intorno al 1200 a.C.), eseguita a Parigi nel 1979, vennero rinvenute quelle che sembravano foglie di tabacco triturate, miste a frammenti di molte altre piante usate per l’imbalsamazione. Ciò costituiva una pratica consueta: le foglie di tabacco venivano utilizzate per la loro nota azione insetticida.

Tale teoria, però, non spiegava la presenza di nicotina riscontrata nei corpi mummificatisi naturalmente rinvenuti in Egitto ed in Europa. Per giustificare i risultati delle analisi di laboratorio la Balabanova e la sua équipe arrivarono infine ad ipotizzare l’uso a fini medicinali di piante oggi estinte, ricche di nicotina, appartenenti alla famiglia delle Solanacee (la stessa famiglia alla quale appartiene la pianta del tabacco).

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