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Cabala e misticismo ebraico nel vecchio continente
21 Mar 2017

Cabala e misticismo ebraico nel vecchio continente

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La cabala rappresenta la sintesi del misticismo ebraico. Questo corpus di insegnamenti esoterici affonda le proprie radici al tempo di Mosè e dell’antica Palestina. Tra il XIII e il XV secolo, i principi della cabala si diffusero nel vecchio continente combinandosi con la tradizione del pensiero ermetico e la filosofia greca.

Sefirot Cabala

Le Sefirot della Cabala

La cabala nacque nella Francia meridionale e in Spagna intorno al XII secolo ma le sue radici risalgono agli Ebrei dell’antica Palestina e dell’Egitto. Il termine qabbalah deriva dalla parola ebraica che significa “ciò che è stato ricevuto” e, secondo la tradizione, il primo a riceverla fu Mosè, sul monte Sinai, insieme ai Dieci Comandamenti. Ritenendo che la divina conoscenza della cabala fosse troppo sacra perché se ne potesse parlare o scrivere apertamente, Mosè, a quanto ci è stato tramandato, celò le tracce della divina verità nel Pentateuco (l’insieme dei primi cinque libri della Bibbia). Quelle tracce costituiscono la gran parte dello studio della cabala e sono considerate “l’anima dell’anima” della legge ebraica. Con il passare dei secoli, il termine qabbalah divenne sinonimo di qualsiasi dottrina esoterica, occultistica o mistica, ma originariamente il suo studio si basava sulla preghiera e sulla meditazione dei testi esoterici del Pentateuco e di altre scritture.

Nella sua evoluzione, la cabala accolse alcuni principi di altre antiche concezioni mistiche, fra cui quelle degli gnostici e dei pitagorici, estendendo il suo ambito dall’insegnamento della percezione di Dio all’interesse per la cosmologia, l’angelologia e la magia. Solo chi era reputato degno della conoscenza, in quanto provvisto delle motivazioni e degli ideali più puri, veniva scelto per studiare la cabala. Uno dei più importanti testi di studio era il Sefer Yezira (Libro della Creazione), che fece la sua sporadica comparsa fra il III ed il VI secolo d.C. Secondo il Sefer Yezira, il mondo spirituale è costituito da dieci sfere, le sefirot (termine connesso alla parola ebraica “sappir”, liberamente tradotta con “zaffiro” e interpretata come lo splendore di Dio), ciascuna delle quali rappresenta una diversa forza o aspetto di Dio, come l’amore, la potenza, l’intelletto. Si diceva che tali aspetti fossero emanazioni e rivelazioni di Dio, e poiché le sefirot contenevano tutte le forme della creazione, della crescita e del decadimento, rappresentavano la chiave dell’universo.

Alle dieci sfere erano connesse ventidue vie, corrispondenti alle ventidue lettere dell’alfabeto ebraico, che insieme costituivano l’albero della vita, rappresentazione visiva della creazione; il Sefer Yezira spiegava inoltre il significato mistico di ciascuna lettera dell’alfabeto ebraico, elaborando un sistema di interpretazioni occulte di varie combinazioni di lettere. Attraverso la meditazione e la preghiera i fedeli cercavano di ascendere l’albero della vita, sperimentare le sefirot e indagare il rapporto fra l’umanità e l’universo: in una parola, conquistare l’illuminazione divina attraverso l’ascesa. Nel XIII secolo, un ebreo spagnolo, Mosheh da Leòn, redasse una sorta di guida che descriveva il paesaggio da esplorare nel corso di questo viaggio spirituale, lo Zohar (Libro dello Splendore). Testo didascalico fondamentale per lo studio dell’antico sapere mistico, era un commento al Pentateuco ove si intercalavano poesie, commenti, visioni e racconti ispirati a concezioni e simboli cabalistici.

I testi e gli insegnamenti magici ed esoterici degli ebrei della Palestina si diffusero in Germania, Francia e Spagna, e in questi paesi il periodo compreso fra il XIII e il XV secolo costituì l’epoca aurea della cabala, cui pose fine, nel 1492, la cacciata degli ebrei dalla Spagna. Gli esuli portarono con sé la cabala, in forme rielaborate alla luce della loro dolorosa esperienza; ma la dottrina si estese anche oltre i confini del mondo ebraico, e fu appunto in questo periodo che ne apparve una versione cristiana.

La cosiddetta cabala cristiana combinava le credenze cabalistiche con quelle di un altro diffuso movimento chiamato Ermetismo. Le credenze dell’Ermetismo, una mescolanza di filosofia greca e antica religione egizia, erano contenute in un complesso di testi di autore anonimo noti come Corpus hermeticum, così denominato dalla figura più importante che vi compare, Ermete Trismegisto (cioè “tre volte grandissimo”). Alcuni occultisti sostenevano che fosse opera dello stesso Trismegisto, un presunto saggio egizio vissuto all’epoca dei faraoni e contemporaneo di Mosè; altri lo associarono al dio greco Ermes, il cui corrispettivo egizio, Toth, era lo scriba degli dei e il signore dei sacri testi.

Il Corpus hermeticum si presenta come una serie di dialoghi fra Trismegisto, Toth e varie altre divinità egizie, fra cui Iside. Gli studiosi sottolineano che soltanto in minima parte è originale, poiché in realtà la concezione ermetica del mondo si basa in larga misura sulla filosofia di Platone. Gli ermetici consideravano l’universo in termini di luce e tenebre, bene e male, spirito e materia. Come i coevi gnostici, gli adepti sostenevano il dualismo tra intelletto e corpo e consideravano la salvezza ottenibile attraverso l’acquisizione della vera e divina conoscenza.

Pico della Mirandola

Pico della Mirandola

Le correnti del pensiero cabalistico, ermetico e cristiano confluirono, durante il tardo XV secolo, nella cabala cristiana, ovvero i misteri ebraici inseriti nel mondo cristiano, soprattutto ad opera del mistico fiorentino Pico della Mirandola. Firenze si dimostrò un ambiente favorevole alla versione cristiana dell’antica sapienza elaborata da Pico: centro del Rinascimento italiano, questa città vivace e cosmopolita fu governata per parecchi secoli dalla potente famiglia Medici e assecondò il genio di artisti e scrittori quali Petrarca, Leonardo e Michelangelo. Con la riscoperta del mondo classico greco e romano operata dagli umanisti, la Firenze rinascimentale fu teatro di un grande fermento intellettuale, nonché di varie inquietudini religiose, prima che la diffusa corruzione della Chiesa cattolica scatenasse la riforma protestante. La rinascita della cultura classica, unita a un diffuso disagio, fece nascere un senso di nostalgia per un’epoca in cui il mondo sembrava più semplice e più unito, e in questo clima la cabala cristiana esercitò una particolare attrattiva per la sua idea di un’unità sotterranea fra paganesimo, ebraismo, filosofia greca e cristianesimo primitivo.

Il nuovo movimento possedeva il fascino universale della magia, e in particolare delle credenze nel potere di certi numeri, lettere e parole, che già godeva di una lunga tradizione sia fra gli ebrei sia fra i cristiani. La magia bianca simbolica, o magia benefica, presente nella cabala cristiana traeva parte del suo prestigio da quella tradizione, congiunta a una variante dell’antica credenza popolare secondo cui l’universo sarebbe strutturato in sfere concentriche: i cabalisti credevano nell’esistenza di tre mondi, e aspiravano ad ascendere da quello degli elementi a quello celeste e alla sfera ultraceleste, dove erano racchiusi i potenti nomi ebraici di Dio. Ritenevano inoltre che ogni cosa sulla Terra fosse connessa a un particolare pianeta, di cui era possibile sfruttare il potere coltivando le passioni e le emozioni ad esso associate.

In un mondo incerto com’era quello medioevale e rinascimentale, con guerre e pestilenze ricorrenti, gli uomini erano attratti dalla magia poiché sembrava offrire loro una forma di controllo sulla natura. La magia bianca era persino tacitamente ammessa dalla Chiesa cattolica, mentre la magia nera, che faceva appello ai demoni, era condannata come abominevole. Il termine “cabala” divenne quindi sinonimo di magia in senso sia positivo sia negativo, per assumere più avanti il significato di intrigo segreto o imbroglio.

La cabala cristiana trovò un gruppo di entusiasti seguaci votati a diffonderne il verbo. Sebbene si sia sostenuto che Pico della Mirandola non avesse compreso sino in fondo la dottrina cabalistica, l’influenza che esercitò sui contemporanei e sulle generazioni successive va ben oltre i limiti delle sue opere. Il più importante dei suoi ammiratori fu un personaggio del tardo Rinascimento, l’eminente erudito tedesco Johannes Reuchlin, che dopo aver incontrato Pico e i suoi amici si entusiasmò a tal punto per le loro opere che decise di venire a vivere in Italia per apprendere l’ebraico e studiarne la letteratura. Reuchlin difese le teorie di Pico e ne intraprese la diffusione, rendendo più accessibile la magia cabalistica; la sua eredità fu raccolta da Heinrich Cornelius Agrippa, anch’egli tedesco, che girovagò per le corti europee raccogliendo adepti attorno a un tipo di pensiero cabalistico che insisteva particolarmente sulla magia. Durante la controriforma, la campagna intrapresa dalla Chiesa cattolica per contrastare la diffusione del protestantesimo e di altre presunte eresie, Agrippa fu accusato di praticare la magia nera, evocare i demoni e avere rapporti col diavolo.

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