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La rabdomanzia e l’esistenza delle realtà superiori
4 Ago 2012

La rabdomanzia e l’esistenza delle realtà superiori

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Agli inizi del ‘900, Thomas Charles Lethbridge, condusse delle ricerche che gli permisero di provare l’esistenza di una correlazione tra il fenomeno della rabdomanzia e la natura degli oggetti cercati. Successivamente ampliò la sua teoria fino ad includere non solo oggetti materiali ma anche “sentimenti” ed “emozioni” ai quali associava specifiche frequenze vibrazionali.

Thomas Charles Lethbridge

Thomas Charles Lethbridge

Un prelato di Cambridge nato nel 1901, Thomas Charles Lethbridge, appassionato di archeologia, era solito ricorrere alla sua spiccata sensibilità di rabdomante per rintracciare oggetti sepolti da tempo.

Lethbridge scoprì che un pendolo, una piccola massa appesa ad un filo sottile, si comportava allo stesso modo della bacchetta rabdomantica, segnalando con dei giri e degli ondeggiamenti i luoghi dove erano nascoste le cose o le materie ricercate. Inoltre confermò un fatto constatato da tutti i rabdomanti: la capacità del pendolo di rispondere a domande, negative o positive a seconda del senso di rotazione del pendolo stesso.

L’ipotesi esplicativa proposta dalla scienza, di cui si fece interprete Sir William Barrett, sostiene che, in realtà, la nostra mente inconscia, già conosce le risposte e inducendo delle inconsapevoli contrazioni muscolari, fa sì che il pendolo prenda a muoversi in circolo oppure avanti e indietro. Nel periodo trascorso a Cambridge, Lethbridge usò il pendolo per esplorare psichicamente una gigantesca figura di origine celtica, graffita sulla superficie di una collina, ma in quel momento sepolta sotto il manto erboso.

Ritiratosi dalla vita attiva, Lethbridge nella sua dimora del Devon continuò a sperimentare il “potere del pendolo”. Al posto di un pendolo corto ne adottò uno regolabile, che allungava o accorciava avvolgendo lo spago di sospensione ad un bastoncino che teneva in mano. Il primo esperimento effettuato con questo pendolo speciale, consistette nel ricercare una placca d’argento nascosta sotto un pavimento. Dopo alcuni tentativi, Lethbridge ebbe successo regolando la lunghezza dello spago del pendolo a 55,88 cm. Poi provò col rame, riscontrando la regolazione appropriata a 77,47 cm. Come controprova, si mosse per il giardino mantenendo quella distanza operativa e quando il pendolo prese a ruotare, scavando nel punto indicato, dissotterrò un pezzo di un vecchio tubo in rame.

Così procedendo, Lethbridge scoprì che ciascun materiale “eccitava” il pendolo su una diversa “lunghezza” specifica: la quercia a 27,94 cm, il mercurio a 31,75 cm, l’erba a 40,64  cm, il piombo a 55,88 cm (come l’argento), le patate a 99,06 cm, etc. Alcune sostanze, dunque, condividevano la stessa risposta di altre. Lethbridge scoprì che per distinguerle era sufficiente contare i giri impressi al pendolo: per esempio, sedici per il piombo e ventidue per l’argento.

A questo punto, certo di aver fatto una scoperta straordinaria, Lethbridge diventò ambizioso, perdendo forse il giusto senso della misura. Uno dei più strani ed assurdi fenomeni legati al lavoro di Lethbridge è la cosiddetta “rabdomanzia mappale”. Sembra davvero strano, ma è appurato che un buon rabdomante è in grado di indicare vene sotterranee di acqua semplicemente facendo oscillare un pendolo su una cartina geografica. A questo punto, però, si è costretti ad abbandonare ogni possibile spiegazione scientifica per entrare nel regno dell’ESP (la percezione extrasensoriale) o dei poteri sconosciuti della mente. E in questa direzione Lethbridge compì il passo successivo, così ragionando: se il pendolo funziona benissimo su uno strumento astratto come una cartina geografica, perché non dovrebbe farlo in altri frangenti ed ambiti, quali l’amore, la rabbia, l’evoluzione, la morte? Bisognava però scoprire l’eventuale differenza nella risposta fra l’uomo e la donna.

Assieme con la moglie Mina, Lethbridge scagliò alcune pietre contro un muro e poi le testò col pendolo. Quelle lanciate dalla moglie (donna) erano sintonizzate su un valore di 73,66 cm, mentre le sue (uomo) su un valore pari a 55,88 cm. Altri campioni di pietre, alcune lavorate risalenti all’età del ferro, si attestarono su un valore pari a 101,6 cm. Voleva forse dire, si era chiesto Lethbridge, che quelle pietre, scagliate contro il nemico nel corso di una battaglia, erano sintonizzate sulla lunghezza d’onda della rabbia e della violenza? Per verificare questa ipotesi, Lethbridge concentrò il pensiero su alcune persone che gli stavano cordialmente antipatiche e scoprì che il pendolo offriva una risposta proprio se sintonizzato su quello stesso valore.

Con questo Lethbridge ritenne di aver ampiamente dimostrato, con sua grande soddisfazione, che ogni emozione, ogni idea, ogni sostanza presenta una sua propria, univoca sollecitazione nei confronti del pendolo. La “morte” valeva 101,6 cm al pari del “nero”, del “freddo”, dell'”ira” e del “sonno”, come si può ben notare tutte idee fra loro interconnesse. Suddiviso un cerchio in quaranta segmenti e collocati in ciascuno di essi le qualità o gli oggetti relativi alla corrispondente frequenza, Lethbridge scoprì che i precisi “opposti”, stavano esattamente dove la logica avrebbe suggerito di trovarli; la “sicurezza” a 22,86 cm, il “pericolo” a 73,66 cm, il “profumo” a 17,78 cm, un “cattivo odore” a 68,58 cm e così via.

Un giorno, sovrapensiero e quasi senza accorgersene, provò a collocare le diverse sostanze ad una distanza dal centro del cerchio corrispondente a quella della loro sintonizzazione col pendolo, così, per esempio, lo zolfo a 17,78 cm lungo la corrispondente linea, analogamente il cloro a 22,86 cm lungo la relativa linea e così via, quindi unì i punti individuati fra di loro ricavando una figura a spirale. Le spirali (i vortici più in generale) sembrano giocare un ruolo significativo in tutte le religioni primitive e sono state ritrovate graffite sulle pareti di grotte preistoriche. Il vortice, infatti, ingloba in sé alcune primordiali, importanti idee. D’altro canto, al contrario di quanto osservato da Lethbridge, la spirale era una figura che si andava sviluppando all’infinito. Come mai la “spirale rabdomantica” si fermava a 101,6 cm?

Pendolo per Radioestesia

Pendolo per Radioestesia

La cosa lo stuzzicò ed allora si spinse al di là di questa soglia, estendendo l’escursione del pendolo oltre questa misura. Scoprì che ogni sostanza reagiva alla sua propria frequenza, ma anche ad essa più questo particolare valore. Ma c’era di più. Facendo muovere il pendolo, per esempio, su un campione di zolfo, la reattività dello strumento non solo era più rapida, ma rivelava una leggera deviazione laterale, un fenomeno constatabile con qualsiasi altro campione di prova. Insomma, era come se nel regno che andava oltre la soglia fatidica le energie in campo subissero una lieve diffrazione, un po’ come una pietra collocata dentro una boccia per pesci, che all’osservazione appare leggermente discostata dalla sua reale collocazione. Estendendo la distanza operativa ad un valore doppio e poi ancora aumentandola secondo multipli aggiuntivi del valore base, Lethbridge constatò che il fenomeno persisteva in tutti i casi. Le deduzioni che Lethbridge trasse da queste sue meticolose e pazienti osservazioni possono sembrare arbitrarie, malgrado i suoi sforzi di renderle il più possibile plausibili. Se la morte e la distruzione si attestavano su un valore di 101,6 cm perché non immaginare che un valore maggiore potesse significare una realtà “al di là della morte”? Lethbridge non spinse le sue prove oltre queste già consistenti misure, trovando pressoché impossibile utilizzare un pendolo con una sospensione così lunga.

Fra le tante singolari e curiose scoperte che Lethbridge sostenne di aver ottenuto, c’è anche la constatazione che nei valori che contraddistinguono il nostro mondo, vale a dire quelli compresi al di sotto della sintonizzazione della morte che vale 101,6 cm, sembra non essercene uno per la dimensione del tempo. Ciò forse accade perché in questa dimensione siamo “dentro” al tempo e dunque la sua condizione in questo stato è stazionaria. Sul secondo livello energetico, oltre al valore di 101,6 cm, il tempo trova una risposta a 152,4 cm, eppure, abbastanza singolarmente, anche in questo status sembra non segnalare un processo di movimento. Per non dire, spingendoci ancora oltre, che la sua dimensione sembra scomparire del tutto.

Lethbridge amava osservare che su una stessa lunghezza d’onda o vibrazione si possono allineare più mondi che si compenetrano. Per quanto ci riguarda, però, il mondo, la realtà che si spinge oltre la soglia dei 101,6 cm non ci è percepibile perché vibra con troppa rapidità, allo stesso modo in cui non riusciamo a fissare l’immagine di un treno quando ci sfila davanti ad alta velocità. Esistono, tuttavia, delle persone speciali, chiamati “sensitivi”, che sono in grado di sintonizzarsi anche su queste più rapide frequenze, riuscendo a cogliere alcuni lampi di questo livello superiore di realtà.

Lethbridge è un personaggio interessante perché non iniziò la sua attività di ricercatore come parapsicologo, ma come archeologo, avvezzo al metodo scientifico. La formidabile consistenza della teoria delle “altre realtà” lo convinse poco alla volta, e solo a seguito di eccezionali esperienze che lui stesso riusciva a capire con difficoltà e, tanto più arduamente, a cercare di spiegare agli altri. Sovente non si spingeva oltre il segno indicatogli dai fatti che constatava, anche se molte volte erano gli stessi fatti a forzargli la mano per andare oltre. Alcune esperienze personali, per esempio, lo convinsero della realtà dei fantasmi, del poltergeist e di quegli strani fenomeni che definiva semplicemente “demoni”, quelle spiacevolissime sensazioni che assalgono uno spirito sensibile che viene a trovarsi in luoghi che sono stati teatro di avvenimenti tragici e tristi. Malgrado tutto, Lethbridge preferì sempre immaginare una teoria più scientifica, appellandosi, per esempio, all’idea di una “registrazione magnetica”, come se gli eventi ed i fatti umani, con il corredo di tutte le loro emozioni, dessero vita a campi elettromagnetici duraturi nel tempo.

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