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Corrado Piancastelli e le comunicazioni con l’Entità A
14 Giu 2019

Corrado Piancastelli e le comunicazioni con l’Entità A

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Corrado Piancastelli è stato uno dei medium più prolifici e influenti del XX secolo. Per lunghi anni il medium napoletano intrattenne un costante dialogo con uno spirito guida denominato “Entità A” i cui insegnamenti sono raccolti ed organizzati sistematicamente in quattro volumi, primo fra tutti “Rapporto dalla Dimensione X” pubblicato nel 1973.

Corrado Piancastelli

Corrado Piancastelli

Alla fine degli anni quaranta, Corrado Piancastelli era un ragazzo di 15-16 anni che iniziò a manifestare una forte medianità. Tali capacità paranormali iniziarono a manifestarsi con imponenti fenomeni fisici (telecinesi, apporti, etc) ma questa fase lasciò ben presto il posto ad una grandiosa serie di comunicazioni che durarono per oltre trent’anni, trasmettendo (attraverso migliaia di pagine trascritte dalle registrazioni) un insieme coerente ed esplicitamente rivoluzionario di concetti che abbracciano l’intera problematica umana e spirituale.

Il fenomeno è molto importante, anche perché la presunta “entità” comunicante (poi convenzionalmente chiamata “Entità A”) si presentava mediante una “trance ad incorporazione”, con voce e personalità assolutamente diverse da quelle di Corrado Piancastelli così come dimostreranno in seguito accertamenti sperimentali quali l’analisi comparata delle voci del medium e delle entità (1971) e un controllo elettroncefalografico (1974).

Nel corso degli anni la naturale saggezza dell’entità A salì lentamente nella scala dei valori concettuali, in modo da non “violentare” le strutture mentali di chi ascoltava ed era ancora impreparato a recepire le nuove impostazioni del discorso sull’uomo. Quindi venne raggiunto il culmine di un insegnamento le cui parti finali sono chiaramente molto al di là della comprensione della media delle persone. Dal 1973 al 1986 vennero pubblicati quattro volumi contenenti le trascrizioni dei colloqui tra Corrado Piancastelli e l’Entità A. Il primo di questi volumi, “Rapporto dalla Dimensione X“, contiene l’espressione in sintesi di quella che con un termine superato, si potrebbe definire “dottrina”.

Ecco un brano estratto dal capitolo 8 (Morte e sopravvivenza): “L’opposto della legge materiale è la legge spirituale. Possiamo chiamarla legge mentale, o psichica, e possiamo darle tutti i nomi che vogliamo, non ha importanza, la sostanza del discorso rimane sempre la stessa: è una serie di leggi che è oltre la morte, che non è toccata dalla morte o dalla trasformazione della materia e quindi se essa non soggiace a una legge finita, essa è in un’orbita in cui le leggi non sono più finite. Tralasciamo il fatto se il “non essere finito” comporti necessariamente l’infinito; quello che ci interessa è che alla morte del corpo quest’anima non muore. Ora, evidentemente, al momento della morte accadono molti e complessi fenomeni.

Chi muore in realtà non soffre. La sofferenza, come ben sapete in quanto già detto, è semmai del corpo. Un corpo può soffrire perché una certa morte può essere dolorosa in senso biologico, certamente. Ma la morte, come dolore, non tocca lo spirito in sé, cioè non è il fenomeno della morte a dare dolore: è quello della malattia a dare dolore. La distinzione è importante, soprattutto tenendo conto di tanta gente, a comprova di ciò, che muore tranquillamente o muore, come voi dite, senza accorgersene, passando dal sonno alla morte.

Si, certo, morire così è comodo, è bello, è simpatico. È simpatico in quanto che non si ha quello choc violento del dolore materiale, ma in ogni modo, questo comprova che la morte, senza un fatto fisico doloroso, in sé non ha alcun dolore. E non potrebbe averlo, un dolore, in quanto che la morte, da un punto di vista strettamente spirituale, è l’allontanamento dello spirito dal corpo. E noi facciamo una distinzione fra anima e spirito. Ordunque l’anima, in cui è compreso lo spirito, soggiace a certi fenomeni, direi quasi a delle necessità tecniche. Al momento in cui il corpo muore, l’anima è lucidamente consapevole di quello che avviene. L’anima vede il suo corpo che è morto, se ne rende conto, sente l’ambiente che le è intorno, le sofferenze dei cari. Avverte dolore di queste sofferenze e questo fenomeno di attenzione, di veglia, dura uno o due giorni, qualche volta un po’ di più, qualche volta un po’ di meno. Poi cosa avviene?

L’anima cade in una specie di sonno letargico, diciamo noi, cioè perde coscienza di sé, e si risveglia dopo un periodo variabilissimo che dipende da molte circostanze che sarebbe qui troppo lungo elencare. Questo tempo di sonno è proporzionato alla sua evoluzione spirituale. E perché c’è questo sonno? Questo sonno è necessario per diverse ragioni. Fra le principali vi è che l’anima ha bisogno di questo sonno per liberarsi da una sorta di richiamo terreno, un richiamo che è forte, non appena si muore. Essa ha bisogno di non essere turbata dal dolore dei cari che sono rimasti in Terra; quindi durante questo sonno, si svolge un fenomeno singolarissimo.

Il trapassato “sogna” tutta la sua vita, cioè, in altri termini, si ripresenta in lui un po’ tutta la sequenza della sua esistenza e nella sua semincoscienza tutta particolare, lo spirito, quando si risveglierà, riavrà presenti davanti a sé le fondamentali azioni compiute e potrà quindi risvegliandosi fare un bilancio esatto del bene e del male, dell’utilità o dell’inutilità della propria vita, vagliare insomma le singole attività, i singoli affetti, collegandoli col quadro generale della sua evoluzione. Ora questo sonno che tende appunto a isolarlo, a lasciarlo solo, è un sonno impenetrabile. Cioè a dire, nel momento in cui effettivamente l’anima cade in questa sonnolenza, in questo letargo, è in una posizione di privilegio. Non può comunicare con alcuno, né alcuno può comunicare con essa, è praticamente come un letargo animale necessario.

L’anima ha quindi questa possibilità di riepilogo, di sintesi, di vaglio della sua vita e alla fine, potrà fare appunto questo bilancio. E perché questo? Perché contrariamente a quanto si crede in Terra, il giudizio dello spirito non lo fa Dio, non è Dio il giudice! Giudice dell’anima è l’anima stessa.

Cioè, ognuno di voi, quando ritornerà spirito vaglierà da solo la propria esistenza, e non c’è tema che possa sbagliare, ecco la necessità del letargo che è automatico. Non dipende dallo spirito, non è lo spirito che può richiamare quello che gli fa comodo, e quello che non gli fa comodo lo mette da parte. È un fenomeno spontaneo al quale l’anima non può sottrarsi. E l’anima è in condizioni di giudicarsi con assoluta equità e severità, e può vagliare effettivamente quello che di giusto o di non giusto ha fatto, ciò che di utile ha fatto soprattutto rispetto al programma che scelse quando venne in Terra, perché l’anima decide da sola le esperienze da fare in Terra. Ora la fedeltà a questo programma, il vaglio dell’utilità o meno di certe situazioni che affrontò in Terra sono a suo diretto esame, e alla fine lo spirito si accorgerà da solo degli errori compiuti, e accorgendosene ne soffrirà e naturalmente vorrà cercare di sanarli, di “espiare”, per così dire, certe infrazioni e questo sarà il suo purgatorio“.

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