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Heinrich Schliemann e la scoperta di Troia
3 Feb 2019

Heinrich Schliemann e la scoperta di Troia

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Heinrich Schliemann consacrò l’intera vita alla ricerca della mitica città di Troia narrata nei poemi omerici ma considerata da molti studiosi come una pura invenzione letteraria. Dopo due anni dall’avvio degli scavi, Schliemann portò alla luce le rovine non solo della leggendaria Troia ma anche di una città ad essa antecedente.

Heinrich Schliemann

Heinrich Schliemann

Heinrich Schliemann aveva solo sette anni quando suo padre gli fece un dono di Natale che avrebbe cambiato la sua vita e aggiunto un importante capitolo alla storia dell’archeologia: un volume illustrato che conteneva un’incisione raffigurante l’incendio di Troia, avvenuto dopo la conquista della città da parte dei Greci che, in base alla testimonianza omerica, l’assediavano da 10 anni.

Un’autentica ossessione riempì la mente del giovane Heinrich: trovare le rovine di Troia e provare al mondo scettico che i racconti di Omero non erano fantasie poetiche, ma pura realtà. Sembrava un sogno irrealizzabile per il figlio di un povero pastore protestante, che appena adolescente fu costretto a lavorare come garzone di drogheria.

Eppure, per prepararsi a realizzare il suo sogno, Heinrich Schliemann imparò da solo il greco classico, per poter leggere Omero nell’originale. E cominciò a costruirsi una fortuna: in poco tempo si fece strada nel commercio, tanto da potersi ritirare quando aveva da poco superato la quarantina.

Poi, romantico come sempre, persuase l’arcivescovo di Atene a trovargli la moglie ideale, una greca che doveva rispondere a quattro condizioni essenziali: essere povera, essere giovane e bella, avere un temperamento generoso e conoscere bene le opere di Omero. Sorprendentemente, questo “uccello raro” fu scovato nel 1869. Era una graziosa ateniese che si chiamava Sophia Engastromenos, non ancora ventenne.

Coi nomi di Ettore, Achille e Aiace che tornavano continuamente nelle loro conversazioni, Schliemann e la giovane sposa si misero in viaggio verso i Dardanelli, per individuare la “ventosa pianura di Troia” descritta da Omero. Il “fanatico” dilettante riteneva, anche in base a una tradizione locale, che Troia si trovasse a Hissarlik, un villaggio posto su un’altura di 54 metri, di fronte alla città di Gallipoli, più che altro perché questo concordava con le conoscenze omeriche e perché si sapeva che conteneva antiche rovine.

A quel tempo, l’archeologia non era la scienza esatta che sarebbe diventata in seguito, e Schliemann non aveva mai effettuato scavi archeologici. Assoldò un esercito di 100 operai e fece scavare loro una buca profonda, nel ripido versante nord di Hissarlik, per vedere che cosa c’era sotto. Ben presto, Schliemann si trovò di fronte a un confuso ammasso di rovine, che furono più tardi identificate come gli strati corrispondenti a nove diverse installazioni, una sopra l’altra.

Schliemann continuò a scavare finché riuscì a portare alla luce quelli che ritenne i bastioni della città perduta, alti sette metri: proprio le stesse mura dalle quali Paride aveva scrutato l’avanzare delle armate greche, venute a vendicare il ratto di Elena, e attorno alle quali erano morti tanti valorosi eroi.

Il 14 giugno 1873, dopo due anni di lavoro, uno straordinario premio veniva a compensare la fede di Schliemann: un incredibile ammasso di 8.700 pezzi di gioielli d’oro. Il pezzo più fantastico era costituito da un diadema composto da 16.000 lamine d’oro puro.

Con gli occhi pieni di lacrime, Schliemann lo pose sul capo della moglie, l’abbracciò e le disse: “Tesoro, questo è il più bel momento delle nostre vite. Tu sei Elena di Troia rediviva!“. Era, in verità, un “lieto fine” di tipo romantico; ma Schliemann si era sbagliato. La città sepolta che aveva trovato non era Troia, bensì un’altra città, ancora più antica. E il diadema, che risaliva al 2300 a.C. circa, era stato portato da un’altra principessa, 1.000 anni prima che Elena venisse al mondo. Gli studiosi di oggi ritengono infatti che la Troia omerica sia stata distrutta circa nel 1200 a.C. e l’hanno identificata col terzo strato di rovine, a partire dall’alto, trovate da Schliemann.

Il tesoro ritrovato apparteneva a un’altra città, sepolta vicino alla base dell’Hissarlik. Più tardi, Schliemann riconobbe l’errore. Tuttavia, gli archeologi gli hanno attribuito il merito di aver rinvenuto la Troia omerica, e di aver scoperto anche una città più antica, risalente all’età del bronzo. Mica male per un garzone di droghiere che aveva dedicato la sua vita a inseguire un sogno infantile!

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