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Magia ed occultismo in Aleister Crowley
8 Ott 2018

Magia ed occultismo in Aleister Crowley

Post by Administrator

Aleister Crowley è stato uno dei personaggi più discussi e ambigui del secolo scorso. Soprannominato “la bestia” viene considerato uno dei principali codificatori e divulgatori delle scienze occulte del XX secolo. Nel 1920 Aleister Crowley si stabilì a Cefalù, in Sicilia, dove continuò la sua attività fondando l’Abbazia di Thélema.

Aleister Crowley

Aleister Crowley

L’epiteto di uomo più perverso del mondo fu solo uno dei molti attribuiti ad Aleister Crowley. Sua madre fu la prima a chiamarlo “la Bestia“, con riferimento a quella dell’Apocalisse. Per questo noto personaggio inglese il male diventò un itinerario religioso. Egli si legò a varie sette segrete, subì l’influenza di altre e ne fondò una. Il suo obiettivo costante fu la magia allucinatoria (che chiamava non magic ma magick, con la k) basata fondamentalmente su riti di carattere sessuale, praticati con decine di partner, uomini e donne, su cui esercitava un fascino irresistibile.

Nato, per così dire, all’interno di una setta, nel 1875, Aleister Crowley impiegò gran parte della sua vita a rinnegarla. Suo padre, un birraio del Warwickshire, era membro dei Fratelli di Plymouth, austeri Cristiani la cui teologia appariva odiosa al giovane Edward Alexander Crowley: si attribuì così un nuovo nome, sostituì ai santi dei genitori dei malvagi personaggi biblici e assaporò i piaceri della carne e le gioie della perversione. Per provare, ad esempio, la verità del detto secondo cui i gatti hanno nove vite, ne avvelenò uno, poi lo soffocò col cloroformio, lo impiccò, lo pugnalò, gli tagliò la gola, gli schiacciò la testa, lo bruciò, lo annegò e infine lo gettò dalla finestra.

Aleister Crowley morì per disturbi cardiaci e polmonari nel 1947. All’epoca era eroinomane e aveva trascorso i suoi ultimi giorni in una pensione, respirando a fatica; ma prima del declino poche erano state le esperienze dello spirito e della carne che non avesse tentato. Scalò montagne, scrisse poesie, dipinse, si immerse nelle religioni orientali e, più profondamente, nelle droghe. Visse secondo il principio di cui aveva fatto la sua formula incantatoria: “Fa’ ciò che vuoi“.

La prima setta cui Crowley aderì fu l’Hermetic Order of the Golden Dawn, società segreta fondata in Inghilterra nel 1888 per studiare l’occulto, che attrasse alcuni dei più importanti intellettuali dell’epoca, fra cui il poeta irlandese William Butler Yeats. Per praticare la sua magia, Aleister Crowley affittò la dimora di Boleskine, a Loch Ness, in Scozia, si autoproclamò signore di Boleskine e cercò di evocare il proprio angelo custode; ma, secondo la leggenda, evocò invece un’orda di spiriti maligni.

Furono però le ambizioni personali di Crowley a farlo cacciare dal Golden Dawn. Persuase infatti il capo dell’Ordine, Samuel Mathers, che viveva a Parigi, a iniziarlo al più alto grado di quella setta molto gerarchica; ma la loggia di Londra fu indignata da tanta presunzione e la sua collera aumentò quando Crowley, proclamandosi portavoce di Mathers, cercò di impadronirsi del quartier generale londinese. L’Ordine non voleva aver nulla a che fare con lui, “perché non riteniamo che una società mistica debba essere intesa come un riformatorio“. Nel 1900 Crowley e Mathers furono entrambi espulsi.

Nel 1911, Crowley aderì a un altro culto, l’Ordine dei Templari Orientali, fondato in Germania nel 1902. La sua dottrina si fondava sulla convinzione che il sesso fosse la chiave della natura dell’uomo e che l’orgasmo, adeguatamente ritualizzato, potesse costituire un’esperienza soprannaturale. Poiché il segreto della setta coincideva con le idee esposte da Crowley nei suoi scritti, egli accettò di diventare capo dell’Ordine per la Gran Bretagna.

Cacciato dal Golden Dawn, Aleister Crowley si ispirò al suo rituale per fondare, nel 1907, il gruppo dissidente Silver Star (Stella d’Argento) o Argentinum Astrum (AA). Due anni dopo, sulla vetta di un monte in Marocco, ebbe la rivelazione che il sesso era un mezzo per perseguire la magia. Nel 1920, con due amanti e i loro tre bambini, fra cui sua figlia, Crowley si stabilì a Cefalù, in Sicilia, in una fattoria abbandonata, attribuendo a questo santuario dell’AA il nome di Abbazia di Thélema.

In apparenza la vita all’abbazia era quasi monastica, con un gran dispiegamento di canti rituali e cerimonie; ma la componente prima era il sesso, favorito da un abbondante uso di droghe. Ben presto alla compagnia si aggiunsero nuovi discepoli, fra cui l’attrice americana Jane Wolfe, sulla quale Crowley aveva concepito le più sfrenate fantasie; ma quando scoprì che era una donna dall’aspetto severo, più o meno sua coetanea, la esiliò per un mese in una tenda nei pressi della fattoria: una sistemazione che forse non le dispiacque troppo, poiché giudicava la fattoria un luogo sordido e definì una delle amanti di Crowley “la sporcizia personificata“.

Verso la fine del 1922 Crowley ricevette altri due ospiti, Raoul Loveday e sua moglie Betty May, di professione modella. Quest’ultima, che pure aveva una certa esperienza del mondo, fu sconvolta dal ménage di Crowley, mentre l’ingenuo Loveday divenne il più fervente discepolo della Bestia. Già di salute malferma, Loveday ebbe un collasso e morì poco dopo una cerimonia in cui era stato sacrificato un gatto per berne il sangue. Nello scandalo che seguì (si mormorava che fossero stati uccisi anche dei neonati) il governo italiano espulse Crowley dalla Sicilia.

Aleister Crowley aveva un insaziabile bisogno delle donne, e le donne sembravano non poter fare a meno di lui. Pur disprezzandole (dichiarò che dovevano essere un comfort consegnato “alla porta di servizio, come il latte“), ebbe due mogli, decine di amanti e innumerevoli prostitute. Chiamava ognuna delle sue partner femminili la Donna Scarlatta, dal personaggio biblico che giace con la Bestia. La prima fu Rose Kelly, sorella di uno stimato artista inglese, che Crowley sposò nel 1903. Quando si incontrarono, Rose era una civettuola giovane vedova, promessa a due uomini e riluttante a sposare sia l’uno che l’altro: Crowley si offrì di toglierla d’impaccio con un matrimonio di convenienza, ma nel giro di alcuni giorni i due si innamorarono.

Ben presto per Rose la magia svanì: il loro primo figlio morì di tifo nel 1906 durante un viaggio in Asia, e il secondo nacque nel 1907, quando, secondo Crowley, Rose beveva già una bottiglia di whisky al giorno. Divorziarono nel 1909, l’anno in cui Crowley ebbe la rivelazione del legame fra sesso e magia, e due anni dopo Rose fu ricoverata in manicomio. La stessa sorte toccò alla seconda moglie, un’appariscente nicaraguese di nome Maria de Miramar; almeno un’altra amante venne ricoverata in manicomio, mentre tutte le altre si suicidarono o morirono alcolizzate dopo aver rotto con Crowley.

La più tenace fu Leah Hirsig, un’insegnante che la Bestia incontrò a New york nel 1918. Leah lo seguì a Parigi e poi all’Abbazia di Thélema, dove avviarono un rapporto a tre con Ninette Shumway, un’amica di Leah. Ninette badava alla figlia della coppia, Poupée, e ricevette dal padrone il titolo di Seconda concubina. Ma il terzetto non funzionò: Ninette disputava a Leah i favori di Crowley, Poupée morì e Leah subì un aborto.

Abbazia di Thélema

Abbazia di Thélema

Nonostante tutto Leah non perse il controllo né della propria salute mentale né dell’amante, seguendolo in ogni avventura di droga e di perversione. Cacciata con lui dall’abbazia, ne condivise l’esilio, sopportando le sue nuove amanti finché nel 1925 Crowley fuggì con un’altra donna. La coppia restò in rapporti epistolari ancora per qualche tempo, poi nel 1930 Leah rinunciò al ruolo di Donna Scarlatta e tornò in America. Morì nel 1951. Anche in età matura, calvo e obeso, la Bestia continuò ad attrarre Donne Scarlatte. Nel 1934, a Londra, una ragazza di diciannove anni gli si gettò fra le braccia per strada, dichiarando di volere un figlio da lui. Crowley se la portò a letto e anch’essa fu in seguito ricoverata in manicomio.

Nella sua infaticabile ricerca, Aleister Crowley si spinse ben lontano dall’Inghilterra post-vittoriana. In particolare l’Egitto e l’Oriente ebbero una grande importanza nel suo tentativo di realizzare la magica fusione del corpo e dello spirito. Durante il viaggio di nozze al Cairo, nel 1904, Crowley e la moglie stavano uscendo dal Museo Nazionale quando Rose cominciò improvvisamente a mormorare qualcosa a proposito dell’antico dio egizio Horo. Poi ricondusse il marito nel museo, davanti a un’antica tavoletta con l’effige della divinità, che per caso recava il numero di catalogo 666, lo stesso numero che la Bibbia attribuisce alla Bestia. Crowley considerò quella coincidenza un’allusione profetica al suo speciale destino, ribadita un mese dopo dalla presunta apparizione del suo angelo custode, Aiwas. Stando alle sue parole, fu allora che Aiwas cominciò a dettargli il Libro della Legge, che conteneva il sacro precetto “Fa’ ciò che vuoi“. L’angelo ingiunse inoltre al suo protetto di “bere vino e assumere droghe“, consiglio che la Bestia seguì entusiasticamente sino alla rovina.

Aleister Crowley rientrò in Inghilterra, ma non per molto. L’anno successivo tornò in Oriente, sull’Himalaya, per scalare il Kangchenjunga, la terza vetta più alta del mondo. Fu una spedizione disastrosa: un altro scalatore riferì che Crowley, dopo aver insistito per guidare l’impresa, scelse vie impossibili, e che trattava brutalmente i portatori, sicché essi disertarono in massa. Alcuni scalatori, delusi, radunarono i pochi portatori rimasti e tornarono al campo base. Quando sei membri della spedizione caddero da un dirupo, Crowley si rifiutò di recuperarli: quattro morirono, e a quel punto Crowley abbandonò a sua volta la spedizione fuggendo col denaro accantonato per pagare le spese. Per Crowley fu un’esperienza avvilente e rappresentò l’inizio di un completo ostracismo sociale in patria, ma non se ne preoccupò: la sua patria non era mai là dove voleva essere.

Privo di ogni senso dell’autocritica, Aleister Crowley si riteneva un genio in campo artistico come nella “magia” sessuale. Se per la pittura si paragonava al grande pittore francese Paul Gauguin, quanto alla poesia, nelle sue “Confessioni autobiografiche” sottolineò l’interessante coincidenza che la sua contea, in Inghilterra, avesse dato al Paese i due massimi poeti: se stesso e William Shakespeare. Secondo Yates, che lo detestava, Crowley non aveva scritto più di due o tre versi di autentica poesia, mentre critici più obiettivi definiscono la sua opera letteratura di seconda mano. Aleister Crowley è stato autore di una torrenziale produzione poetica sulla magia, il sesso e il demonio e di parecchie opere altamente pornografiche.

Nel 1922 pubblicò un romanzo velatamente semiautobiografico, “The Diary of a Drug Fiend” (Diario di un maniaco della droga), in cui un ex aviatore, sir Peter Pendragon, viene strappato dalla dipendenza dall’eroina ad opera di un certo King Lamus, che vive in un’abbazia di Thélème. Crowley ne mutuò il nome da un personaggio omerico, il re Lamo, sovrano di una tribù di giganti cannibali. Poi abbandonò la poesia per la pittura, ricoprendo le pareti dell’abbazia di disegni demoniaci e pornografici di cui spesso era il soggetto. Pur mancando di “precisione meccanica”, come riconosceva egli stesso, i suoi dipinti hanno un’energia primitiva e uno spiccato senso del colore.

Come affermò un critico a proposito di una mostra del 1930 a Berlino, “le sue opere sono interessanti solo perché rivelano un’anima complessa, ossessionata dall’affollarsi di visioni fantastiche“. La mostra suscitò probabilmente un discreto interesse perché Crowley era scomparso alcuni mesi prima: all’inizio dell’anno, per irritare un’amante esigente, aveva finto il suicidio, lasciando un biglietto trattenuto da un portasigarette sul ciglio di un precipizio. Si fece vivo soltanto alla galleria d’arte. In realtà, i migliori contributi artistici di Aleister Crowley sono quelli indiretti: fornì a W. Somerset Maugham, suo contemporaneo, il modello per il personaggio che dà il titolo al romanzo “Il mago“, e più recentemente alcuni gruppi rock lo hanno riscoperto. Il suo volto figura, con quello di altri personaggi, sulla copertina del disco “Sergeant Pepper’s Lonely Hearts Club Band” dei Beatles.

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