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Il significato esoterico della scala di Giacobbe
13 Giu 2019

Il significato esoterico della scala di Giacobbe

Post by Administrator

Uno dei racconti più conosciuti del Vecchio Testamento, che ancora oggi affascina gli amanti delle dottrine esoteriche, riguarda un sogno profetico compiuto da Giacobbe durante il suo viaggio da Beersheba verso Harran. Il sogno della “scala di Giacobbe” si presta a numerose interpretazioni che a loro volta farebbero riferimento all’esistenza di luoghi sacri che permetterebbero la comunicazione tra la terra e l’aldilà.

Scala di Giacobbe

Scala di Giacobbe

È ormai evidente che Gesù si formò tra i gruppi mistici ebrei in Egitto, ma gli insegnamenti e le tecniche lì a disposizione erano permeate del misticismo delle tradizioni preesistenti. Un primo esempio lo si può rinvenire nella storia della scala di Giacobbe nell’Antico Testamento. Giacobbe si mette in viaggio da Beersheba alla volta di Harran. Al tramonto si ferma per trascorrere la notte. Prende alcune delle pietre trovate sul posto e le usa come cuscino. Allora ha un sogno: vede una grande scala con un’estremità posta a terra e l’altra a toccare il cielo e sulla scala “gli angeli di Dio che salgono e scendono“. In alto c’è Dio che promette a Giacobbe e alla sua progenie la terra su cui sta dormendo. Quando Giacobbe si sveglia, si rende conto di trovarsi in un luogo sacro e afferma: “Questa non è altro che la casa di Dio e questa è la porta del cielo“. Egli si alza presto al mattino, prende la pietra che gli ha fatto da cuscino e la erige come una stele, versandovi sopra dell’olio, e nomina il luogo Betel, ovvero “la casa di Dio” (Genesi 28:10-19).

Questi racconti dell’Antico Testamento sono, ovviamente, “leggende eroiche” soggette, in maggiore o minore misura, a un lavoro di rielaborazione mitologica, come la storia di Gilgamesh, re di Uruk, che varca la soglia per cui si accede al mondo dei morti. Quello che è importante non è l’esattezza storica dei racconti bensì quello che ci dicono riguardo agli interessi e alle credenze più profonde che li hanno generati. Non importa se Gilgamesh sia esistito o meno: quello che importa è che la gente di quel tempo credesse nella possibilità di viaggiare fino all’Oltretomba per avere una comprensione più profonda dell’esistenza umana. Comprendere la nostra storia non si riduce a raccogliere e a mettere in rapporto dati di fatto: abbiamo bisogno di capire le convinzioni che hanno mosso e motivato i nostri antenati. Giacché molto spesso sono state proprio queste convinzioni la causa prima degli avvenimenti storici riportati nei documenti.

Nel racconto della “scala di Giacobbe” è possibile che Betel sia effettivamente situata fra le pietre sacre in cima a qualche collina dove sorge un santuario cananeo, poiché per tradizione tali santuari venivano costruiti in “luoghi alti”. Questo sarebbe stato un posto ideale per un sogno profetico secondo la tradizione dell’incubazione e il fatto che Giacobbe abbia eretto una delle pietre e l’abbia unta ritualmente fa pensare che in quel luogo esistesse già un santuario, “una casa di Dio“. Sebbene questo aspetto passi in secondo piano nel testo, è evidente che Giacobbe ha percepito che la pietra aveva contribuito alla sua visione e che conteneva qualche qualità magica e sacra. Di sicuro il racconto era rivolto a un pubblico che avrebbe compreso immediatamente le implicazioni dell’azione di Giacobbe; dopo tutto, gli antichi israeliti non erano estranei alla religione cananea. Siamo noi moderni che non riusciamo ad avere uno sguardo d’insieme.

Il “sogno” di Giacobbe risulta ancora più significativo se si analizza una serie di particolari importanti presenti in esso, di cui forse quello fondamentale è la descrizione degli angeli che “salivano e scendevano“: questa infatti sta a dimostrare simbolicamente che il rapporto tra cielo e terra è dinamico, che le qualità divine fluiscono di continuo avanti e indietro. Una chiara ripresa dell’idea riscontrata in Egitto, secondo cui l’Oltretomba e il mondo terreno sono intimamente (e dinamicamente) collegati, è una dimostrazione, se mai ne avessimo avuto bisogno, che la visione di Giacobbe nasceva da una tradizione ancora vivente di cui essa ne era solo un frammento, una timida sbirciata sul paesaggio verdeggiante della Terra Promessa.

In questa tradizione, il nesso tra i due mondi viene raffigurato come qualcosa di ormai perso: esseri angelici con spade fiammeggianti bloccano l’accesso al Giardino dell’Eden. Giacobbe non viene incoraggiato a salire lungo la scala verso il cielo. Evidentemente i burocrati religiosi avevano assunto il controllo della tradizione, restringendo il suo messaggio riguardo al cammino verso l’Oltretomba, un po’ come hanno fatto i potenti del Vaticano per quanto riguarda gli insegnamenti di Gesù.

È quindi chiaro come una genuina comprensione dell’Antico Testamento non consiste esclusivamente nello scavare alla ricerca di prove fisiche degli avvenimenti narrati, come hanno fatto tanti archeologi nel corso degli ultimi due secoli, bensì nel leggerlo in chiave simbolica, come appunto avevano fatto i Terapeuti. Filone riferisce che essi: “Leggevano le Sacre Scritture, ricercando la saggezza riposta nella loro antica filosofia sotto forma di allegoria, dato che pensavano che le parole del testo fossero simboli di qualcosa la cui natura occulta viene rivelata studiandone il significato sottostante“.

La scala di Giacobbe, che poggia su un suolo sacro, simboleggia l’idea che vi siano specifici luoghi in cui l’Oltretomba e il nostro mondo sono collegati, e che fungono da passaggio segreto tra i due. È veramente un peccato che il racconto non raffiguri Giacobbe che sale la scala, passando da questo mondo all’altro, per poi ritornare con quanto aveva imparato. Se ciò fosse avvenuto, la storia del Medio Oriente sarebbe stata molto diversa, dato il profondo effetto che tali narrazioni hanno avuto su quella regione e sui suoi popoli negli ultimi due millenni e mezzo.

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